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La storia di Corte Parolara

 
Il paiolo

La Corte Parolara si distingue per l’importanza di notevoli riferimenti storici che coinvolgono non solo il Palazzo ma anche le proprietà terriere ad esso connesse. Il nome della Corte non deriva da una storica famiglia, ma ha origine da uno degli oggetti maggiormente utilizzati nelle cucine del passato, il paiolo di rame, nel dialetto locale “paròl”. Da qui l'arte dei Parolari, un antico mestiere, già regolamentato negli statuti del 1312 (cfr. Archivio di Stato, fondo Camera di Commercio, b. 68), che consisteva nel realizzare, nonché riparare, i paioli utilizzati per cuocere la polenta, piuttosto che il riso.

L’importanza storica dei terreni della Corte Parolara è attinente alla coltivazione del riso che, in tale luogo, appartiene ad una lunga tradizione che affonda le proprie radici nel XVI secolo. All'epoca la proprietà era dei Gonzaga, veri e propri pionieri della risicoltura, nonché sagaci amministratori dei loro beni.

   
Corte Parolara oggi

Risale, infatti, al Cinquecento la genesi dell’Archivio Storico della Corte Parolara, confluito nell’Archivio Gonzaga, fondo dell’Archivio di Stato di Mantova. In questa documentazione (cfr. b. 253, b. 268) è possibile ripercorrere gli sviluppi architettonici del Palazzo (già presente nel Cinquecento), la successione delle nobili famiglie che vi abitarono, e in modo particolare, dai registri scrupolosamente compilati dagli amministratori di quei beni, è possibile ricostruire la storia della coltivazione agricola, della produttività di quei terreni e il commercio che tali prodotti ebbero nel corso dei secoli. Dopo essere stata proprietà gonzaghesca, la Corte Parolara venne venduta ai marchesi Canossa nel secolo XVII (fondo Notarile, notaio Mazzi Ottavio, atto del 31 marzo 1694, b. 5604), e frequenti diventano gli inventari di tutti i beni, fra i quali i terreni, sostanziale fonte di reddito, che all’epoca contavano 1845 biolche mantovane (fondo Notarile, notaio Camani Leopoldo b. 3268 bis, atto del 20 maggio 1786).

   
Chiesa di Sant'Ignazio di Lojola

Da un confronto con le mappe del Catasto teresiano del 1778 (in Archivio di Stato f. 30) è possibile verificare come la tutela del territorio abbia avuto sempre la priorità. È, infatti, pressoché identica la strutturazione degli appezzamenti di terra irrigati dalla Molinella e dall’Essere e la disposizione di storiche stalle come il Fenilone o Boaria. Fu nel 1715 che i Canossa fecero erigere, nella Corte Parolara, la piccola chiesa di S. Ignazio di Lojola , la quale venne ornata e arricchita sino al 1757 dal Marchese Carlo Canossa (Archivio Storico Diocesano di Mantova, fondo Curia Vescovile, b. culto n. 2). La Corte appartenne a questa famiglia sino alla metà dell’Ottocento. Poi la proprietà venne acquistata dal barone Raimondo Franchetti, che seppe mantenere integro il ricordo dei precedenti proprietari. Ancora oggi ammirando la facciata della chiesa è ben visibile lo Stemma araldico del cane rampante con osso in bocca derivato dal nome dell’antico casato.

Rametto