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I nostri prodotti

 

Il riso Vialone Nano

Riso coltivato dall’Azienda Agricola Corte Parolara, situata nell’omonima frazione del Comune di Castelbelforte, in provincia di Mantova. Nei terreni della Corte Parolara, la coltivazione del riso appartiene ad una lunga tradizione che affonda le proprie radici, con ogni probabilità, nel XVI secolo. All’epoca, infatti, la proprietà era dei Gonzaga, veri e propri pionieri della risicoltura nella terra di Virgilio. La particolare vocazione alla risicoltura di queste terre è dovuta sicuramente alle favorevoli condizioni pedoclimatiche ed irrigue. Una sinergia tra terra e acqua che si traduce nella produzione di un riso di alta qualità. Il riso Vialone Nano nasce dall’incrocio tra due varietà, unendo le pregevoli caratteristi-che organolettiche del chicco di Vialone alla taglia ridotta della pianta di Nano, che riduce le probabilità di allettamento in campo (il ripiegamento fino a terra). Appartiene alla categoria dei risi semifini, che presentano un chicco più tondeggiante rispetto ai super-fini come il Carnaroli.Fa la sua comparsa nel territorio mantovano nella prima metà del Novecento, per diventarne, col tempo, la varietà per eccellenza.
E’senza dubbio una delle più pregiate in assoluto, ma la sua limitata diffusione, sia nei campi che in cucina, a poche aree del nord Italia, lo rende un prodotto di nicchia. E’ la varietà maggiormente utilizzata nella gastronomia locale, grazie in particolare ad un piatto tipico molto apprezzato come il risotto alla pilota, nel quale i chicchi di riso devono risultare sempre ben separati e compatti. Questa specialità mantovana deriva il proprio nome dai “piloti”, i responsabili della pilatura del riso, un’operazione molto importante di raffinazione che rende commestibile il risone (il riso grezzo) raccolto ed essiccato. Se la lavorazione è profonda, il riso diventa bianco, brillante, poco farinoso, ma anche povero di sapore, di profumo e di sostanze nutritive. A parità di materia prima, la pilatura è fondamentale per determinare la qualità del prodotto. Il riso Vialone Nano Corte Parolara, grazie all’elevato contenuto di amilosio del suo amido (oltre il 24% s.s.), è particolarmente versatile in cucina, adatto alle cotture al forno, alla preparazione di grandi risotti, di semplici insalate di riso e di una molteplicità di altri piatti. Viene proposto in due varietà per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che si rivolgono a tipi di cucina particolari. Nella sua veste “tradizionale” il riso Vialone Nano unisce un buon grado di lavorazione alla conservazione delle proprietà organolettiche e del sapore ottimali; nella nuova proposta “semi-integrale” il riso Vialone Nano garanti-sce una miglior conservazione delle proprietà nutritive cui si accompagna un’accentuata persistenza delle note aromatiche.
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Il riso Carnaroli

Il riso Carnaroli nasce nel 1945 dall’incrocio tra le varietà Vialone e Lencino. La sua coltivazione si diffonde in molte aree del nord Italia, ma nelle risaie mantovane la sua presenza è limitata rispetto, soprattutto, alla varietà tipica della zona, il Vialone Nano. E’ una varietà che richiede particolari cure sul piano agronomico e molta attenzione sul piano commerciale in quanto soggetta ad imitazioni. Appartiene alla categoria dei risi superfini, con un chicco di media grandezza e di forma allungata. Il Carnaroli viene giustamente considerato il re dei risi italiani ed è sicuramente il preferito dalla grande cucina internazionale, grazie alle sue eccezionali qualità. L’amido contenuto al suo interno è particolarmente ricco di amilosio (oltre il 24 % s.s.) che, durante la cottura, viene rilasciato molto lentamente, rendendo i chicchi ben consistenti, di grande tenuta alla cottura e con eccellente capacità di assorbire condimento e aromi. Come per tutte le varietà di riso, l’operazione di pilatura, vale a dire la raffinazione del riso greggio (o risone) dopo la raccolta e l’essiccazione, è fondamentale per determinare la qualità del prodotto. A parità di materia prima, infatti, da una pilatura forzata esce un chicco molto bianco, brillante e poco farinoso, ma anche povero di sapore, di profumo e di sostanze nutritive. Il riso Carnaroli Corte Parolara è il riso ideale per cucinare i risotti mantecati, per la preparazione di timballi, insalate di riso e per le ricette di alta gastronomia. Viene proposto in due varietà per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che si rivolgono a tipi di cucina particolari. Nella sua veste “tradizionale” il riso Carnaroli unisce un buon grado di lavorazione alla conservazione delle proprietà organolettiche e del sapore ottimali; nella nuova proposta “semi-integrale” il riso Carnaroli garantisce una miglior conservazione delle proprietà nutritive cui si accompagna un’accentuata persistenza delle note aromatiche.

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Il salame casereccio

Dalle carni del suino pesante (capi con un peso di circa 160 kg e che raggiungono un ottimale accrescimento) si ottengono i nostri salami.

Sono alimenti pregiati provenienti da suini nati e cresciuti nei nostri allevamenti, alimentati con materie prime di qualità, selezionati accuratamente per garantire un prodotto dalle caratteristiche organolettiche uniche. Il profumo ed il gusto sono caratteristici e sono frutto dell’attenta dosatura dell’aglio e delle spezie che vengono unite all’impasto da mani esperte durante la fase di lavorazione. I componenti carnei, dopo un’attenta ed accurata selezione e mondatura da eventuali imperfezioni, vengono tritati a bassa temperatura; l’insacco e la legatura vengono fatti esclusivamente a mano e in budello naturale di maiale. Tutto questo secondo i crismi della migliore tradizione contadina locale per creare uno dei prodotti mantovani più apprezzati.

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La soppressa

La soppressa era ed è ritenuta di gran lunga più pregiata del salame, in quanto, pur essendo prodotta con le stesse parti suine, viene insaccata in budelli naturali di maggiori dimensioni e quindi richiede una stagionatura assai più lunga di quella necessaria al salame. Servono, infatti, almeno otto mesi di stagionatura naturale. Ciò rende il prodotto particolarmente morbido, profumato e gustoso. Questo insaccato è prodotto con carni suine di ottima qualità ottenute dalla macellazione di capi di dimensioni elevate, normalmente superiori a 160 kg. Si ottiene con una macinatura, a grana grossa, delle carni magre e grasse ripulite da eventuali imperfezioni, ed un condimento composto da sale, pepe, aglio e poco vino. La soppressa viene poi insaccata nel budello detto manica grossa, legata con lo spago e appesa a stagio-nare oltre un anno. Questo profumato insaccato non dovrebbe mai essere violentato dall'affettatrice: la soppressa pretende un coltellaccio - affilatissimo, altrimenti, nonostante la lunga stagionatura, si sfalda - che la tagli in fette spesse mezzo dito. E pretende, a merenda, un pane bianco ma casereccio e ricco di mollica, a tavola una fetta di polenta abbrustolita, meglio se accompagnata da un buon bicchiere di vino. E' così che meglio risalta il gusto ed il ricco aroma della sua pasta morbida.

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La pancetta

La Pancetta si ricava dal ventre e dal costato del maiale e dalla sua lavorazione si ricavano prodotti diversi per aspetto (piatta o arrotolata), lavorazione (naturali, stagionate, affumicate), e sapore (a seconda delle spezie usate: pepe, peperoncino, aglio, ginepro, cannella, chiodi di garofano, ecc.). Il colore è bianco rosato con particolari striature al-ternate di grasso e carne magra, il profumo è delicato e speziato in base agli aromi utilizzati per la sua conservazione e può essere con o senza cotenna. Pancetta stesa si ricava del ventre del maiale e ha forma quadrata. Quelle provenienti dal Centro Italia sono spesso aromatizzate con aglio e semi di finocchio, e vengono stagionate senza arrotolare. Di gusto sapido e deciso, in Toscana prende il nome di carnesecca, per la tenacità che la contraddistingue. Tagliata a cubetti viene impiegata nella preparazione di frittate e salsa per condire la pasta. Per produrre la pancetta stesa stagionata, la parte della pancia, con relativa cotenna, viene rifilata, salata, aromatizzata e stagionata per 20/30 giorni in un ambiente fresco e ventilato. Il prodotto ottenuto è una pancetta caratterizzata da un aroma dolce di antica ricetta, grande morbidezza e delicatezza grazie alla giusta venatura di grasso nobile e bianchissimo.

Arrotolata Pancetta arrotolata Si ricava del ventre del maiale. Grazie al confezionamento, che porta la parte grassa all'esterno, risulta morbida e dal gusto saporito, ma non troppo pronunciato. La parte magra è minoritaria, permettendone così un agevole utilizzo in preparazioni culinarie. Viene impiegata per la confezione di ripieni o per avvolgere carni magre - come la selvaggina - prima della cottura. La stagionatura è sempre breve, perché la pancetta si mantenga morbida: una prolungata attesa rischia, infatti, di farla divenire, oltre che troppo dura, eccessivamente salata.
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Affumicata Pancetta affumicata Si ricava del ventre del maiale ed è conosciuta anche con il nome inglese di bacon. Non viene arrotolata ma cosparsa di spezie, erbe aromatiche, sale e pepe, quindi sottoposta ad un processo di affumicatura. A livello artigianale questa dura alcuni giorni, utilizzando legno aromatico e mantenendo bassa la temperatura del fumo. Al gusto risulta dolce, piacevolmente aromatica, non troppo saporita. In cucina trova abbinamenti anche inusuali, come quelli che la vedono legata al pesce e alla frutta.
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Steccata Pancetta steccata Il trattamento alimentare osservato per produrre la Pancetta steccata è il medesimo di quello utilizzato per la versione "tesa". Definite le forme quadrate, la Pancetta viene piegata a libro e "imprigionata", con l'ausilio di una pressa, tra due bastoncini di legno, generalmente di castagno o betulla, tenuti assieme da cordino elastico in modo tale da rendere le due parti ben aderenti. Le forme piccole sono inserite all'interno di budelli sintetici mentre quelle più grandi vengono cucite a mano con un robusto ago d'acciaio. Diversamente da quella tesa, la Pancetta steccata non viene privata dalla cotenna e la sua stagionatura è di circa quattro mesi. Il gusto può essere dolce e particolarmente gradevole.
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Pepata Pancetta pepata Ricavata dalla pancia di maiali italiani selezionati da noi; dal classico colore bianco rosato ha un profumo delicato ed un gusto “piccantino” con la parte grassa in preponderanza. Viene prodotta con il classico metodo artigianale nel quale risulta fondamentale la salatura tramite sale e spezie, dopodiché il prodotto viene cosparso e trattato all’interno con pepe che vi rimane quando viene arrotolato. La grana del sale è fondamentale in quanto, in funzione della sua dimensione, entra all’interno del prodotto. Si lascia poi riposare ed infine si avvia alla stagionatura.
Una curiosità: se acquistate una pancetta prodotta industrialmente, noterete senz’altro il suo colore rosso vivo, ma se ne acquistate una prodotta artigianalmente, il colore che vedrete è rosso scuro, forse meno invitante... Questo perché la pancetta industriale, per mantenere il suo bel colore, è trattata con nitrati, sostanze che non troverete assolutamente nel prodotto artigianale. Ma aspettate di assaggiarle e dopo potrete fare i dovuti riscontri!!!
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La coppa

Si ottiene dal muscolo cervicale del suino, che viene tagliato all'altezza della quarta costola, e non può avere peso inferiore ai 2,5 kg. la carne viene massaggiata, spremuta e rifilata, quindi si procede alla salatura. Questa avviene con sale, zucchero, pepe spezzettato e numerose spezie, tra cui chiodi di garofano, semi di alloro, cannella. Si attende una settimana e poi la coppa viene avvolta nel diaframma parietale suino. Si procede quindi ad una legatura energica con spago e ad una prima stagionatura che avviene con il passaggio nell'essiccatoio per almeno sette giorni.

La stagionatura completa avrà durata di almeno sei mesi, ad una temperatura costante compresa tra i 10 e i 14°C, ad umidità controllata. Gusto pieno ma dolce e poco pronunciato, profumi delicati e sottili sono le caratteristiche organolettiche che la contraddistinguono. Si prepara utilizzando i muscoli del collo, con un processo produttivo per molti aspetti simile a quello del prosciutto crudo. Può essere insaccata nella vescica di maiale o nell'intestino del manzo. A Parma la si condisce con sale, pepe, aglio e vino bianco, mentre la coppa mantovana è, se possibile, ancora più semplice, essendo condita unicamente con sale e pepe. La stagionatura avviene in locali umidi per circa sei mesi. La forma della coppa è cilindrica, appuntita alle estremità, compatta, ma non elastica. All'interno il salume è di color rosso, con striature bianco-rosato. È tra i salumi più nutrienti, con un profumo dolce e caratteristico, mentre il gusto è delicato e si affina man mano che procede la maturazione.

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Il cotechino

Il cotechino è un salume che viene prodotto in ogni parte d'Italia. Rappresenta uno di quei prodotti della macellazione del maiale che vengono mangiati per primi, insieme alla coppa (o torta) di testa e ai ciccioli. Anche per questo il cotechino viene tradizionalmente consumato a Natale: il maiale si macellava abitualmente in Dicembre, i cotechini, dunque, erano pronti proprio durante il periodo natalizio. Il cotechino è un insaccato povero, infatti, viene prodotto con le carni del maiale meno nobili, inadatte a lunghe stagionature e quindi non utilizzate per produrre salami, prosciutti, salsicce e altri insaccati più nobili. L'ingrediente principale del cotechino è (o meglio era) la cotenna, seguita dagli spolpi della testa e del collo, tutte carni ricche di tessuto connettivo, che richiedono una lunga cottura e che assumono, una volta cotte, la consistenza gelatinosa tipica del cotechino. Storicamente il cotechino veniva prodotto dai "lardaroli e salsicciari", che si riunirono in corporazione autonoma solo a partire dal 1547. Ma solo nel 1745 si trova la prima citazione ufficiale del cotechino, quando in un "calmiere" ne viene indicato il prezzo. La prima ricetta del cotechino compare invece l'anno successivo. Il cotechino è uno dei salumi più variabili, per quanto riguarda la scelta degli ingredienti che lo compongono. La ricetta tradizionale prevede l'utilizzo di cotenna per almeno il 50%, come indicato nel 1841 da Vincenzo Agnoletti, cuoco romano al servizio di Maria Luigia, granduchessa di Parma, il quale afferma che "[...] l'impasto deve essere per me-tà di cotenna e per metà di nervetti e carne magra". Questo impasto viene insaccato nel budello del maiale, messo ad asciugare per qualche giorno (1-2 settimane al massimo) e poi consumato, previa lunga cottura, necessaria per gelatinizzare il collagene della cotenna e delle carni ricche di connettivo che contiene. Oggi solo i produttori artigianali, ancora legati alle tradizioni contadine, continuano a produrre il cotechino con carni ricche di connettivo e con una grande percentuale di cotenna, mentre la produzione industriale si è spostata su una ricetta meno ricca di cotenna e più ricca di carni grasse, molto più adatta ai gusti della maggior parte delle persone. Nel cotechino industriale troviamo, infatti, mediamente, solo il 20% di cotenna, il resto è carne magra e grassa (gola, spalla, pancetta, ecc). Non bastasse questo, il cotechino industriale è addizionato con conservanti nocivi (nitriti) ed esaltatori di sapidità (che mascherano la scarsa qualità delle carni ingannando il consumatore). I vantaggi del cotechino artigianale non finiscono qui: infatti, esso è mediamente meno calorico e più saziante del cotechino industriale, grazie alla maggior quantità di tessuto connettivo.